Ossitocina e Adrenalina
on Settembre 4, 2017
“Oggigiorno, per quello che riguarda la nascita, noi siamo come un viaggiatore che si accorge di aver sbagliato strada. In questo tipo di situazione, di solito, l’atteggiamento migliore è tornare al punto di partenza, prima che sia troppo tardi, e poi provare ad andare in un’altra direzione. Speriamo che non sia troppo tardi. Speriamo che malgrado l’ingenuità umana, gli ormoni dell’amore continueranno a impregnare il corpo dei nostri discendenti. Se c’è futuro per l’amore, c’è anche futuro per l’umanità”.
(Michel Odent)
L’ossitocina (OT) è, senza dubbio, l’ormone chiave coinvolto nella fisiologia della nascita (non dobbiamo confondere qui “fisiologico” con “naturale” e non significa nemmeno “come dovrebbe essere esattamente”. Fisiologico è ciò che è universale, un terreno comune per tutti i profesionisti e per tutti gli esseri umani indipendentemente dalle etnie e dalle culture.
L’ossitocina è anche soprannominata “ormone dell’amore”, visto che agisce sul comportamento e sullo stato emotivo: diminuisce l’aggressività, la sensazione di paura, abbassa la pressione sanguigna e la frequenza delle pulsazioni cardiache, aumenta la curiosità, il senso di benessere e le capacità mnemoniche, induce la calma, aumenta la fiducia e l’empatia verso il prossimo… Oltre a ciò, innalza la soglia del dolore, abassa il livello sanguigno del cortisolo e aumenta del 50% la velocità di guarigione delle ferite.
Ma i suoi effetti sono noti sopratutto a livello meccanico: permette le contrazioni uterine, è la responsabile dei riflessi di eiezione del feto, favorisce anche le contrazioni delle cellule mio-epiteliali che circondano i dotti galattofori con la conseguente emissione del latte del seno.
L’ossitocina, se secreta ad alti livelli durante il travaglio, può deprimere la memoria, in una sorta di “effetto dimenticante” molto simile a quello prodotto dalle endorfine. Immediatamente dopo la nascita, svolge un ruolo fondamentale nell’instaurarsi una relazione fra madre e bambino.
In puerperio e in allattamento, l’ossitocina (la cui secrezione è mantenuta grazie alla stimolazione che il neonato opera sul capezzolo durante la suzione del latte), stimola comportamenti materni di cura, accoglienza, nutrimento del neonato (il “bonding”), aumenta la temperatura del seno in modo da fornire comfort e protezione al neonato mentre succhia e stimola la produzione del latte materno.
Ma, come in altre circostanze (per esempio, rapporti sessuali o allattamento), il rilascio di ossitocina dipende soprattutto dai fattori ambientali: è un ormone timido, in quanto viene secreto in condizioni di intimità e riservatezza. È secreta in seguito a stimoli cutanei non dolorosi ed è un antagonista dell’adrenalina, l’ormone della fuga, che si attiva in situazioni di stress, pericolo o paura.
Durante il travaglio attivo, il dolore prodotto dalle contrazioni e dalla pressione della testa del bambino sul collo dell’utero provoca una secrezione a picco di adrenalina. Questo picco è responsabile a sua volta della secrezione, sempre a picco, di ossitocina, precursori delle prostaglandine (responsabili della regolazione fisiologica del travaglio) ed endorfine (sono le nostre morfine naturali, perciò hanno azione analgesica). Questa risposta ossitocica intermittente, è la responsabile del graduale aumento dell’attività contrattile e del suo regolare mantenimento durante un travaglio che procede secondo fisiologia.
Per garantire questa delicata intermittenza ormonale è necessario riuscire a riposarsi e rilassarsi nella pausa tra due contrazioni, permettendo all’organismo di prepararsi alla contrazione successiva e al successivo picco di adrenalina e ossitocina, in un’armoniosa alternanza di contrazione e distensione, il tutto in maniera tale che la donna possa sopportare e gestire il dolore che avverte.
Se durante il travaglio intervengono delle fonti di stress (se la donna ha paura, fame, freddo; se intorno a lei ci sono molte persone agitate e preoccupate; se le visite vaginali sono troppo frequenti; se ci sono persone che parlano tra di loro, e di fatti loro; se le luci e i rumori sono forti; se c’è un atteggiamento di eccessiva imposizione da parte del personale sanitario; se sente uno scarso rispetto per i tempi e i ritmi personali; se non ha possibilità di movimento e posizioni libere; se le distrazioni, le interruzioni e le sollecitazioni verbali sono costanti; se sente la mancanza di un buon sostegno…) la secrezione sarà continua (l’adrenalina non viene più prodotta a picchi ma a valori basali alti), con conseguenze sulle contrazioni, che diverranno spastiche e inefficaci a causa del mancato picco ossitocinico, e sul collo uterino, che diventa rigido e contratto, impedendo una fisiologica dilatazione.
Le conseguenze? Il travaglio rallenta oppure si blocca per evitare che il bambino nasca in una situazione o un ambiente percepiti come “pericolosi”, stressanti o negativi per lui e per la madre (la natura ha predisposto che il mammifero femmina in travaglio possa interrompere il processo che porta alla nascita qualora avvertisse un potenziale pericolo, per potersi mettere al sicuro e cercare un luogo ed un momento più favorevoli per dare alla luce il proprio cucciolo).
Si creano, in questo modo, le distocie tra corpo e collo, spesso erroneamente interpretate come “azione uterina inefficiente”, “fallimento della progressione del travaglio” o “mancata dilatazione”, quando, invece, basterebbe eliminare la causa per “sbloccare” la situazione e ripristinare l’andamento fisiologico del travaglio.
La medicalizzazione del parto, poi, è responsabile di gran parte di quei travagli che si “bloccano” e sfociano nelle distocie. I farmaci ad azione anestetica o analgesica, per esempio, provocano un intorpidimento delle aree sensibili all’azione dell’ossitocina, sia endogena che di sintesi. Così come l’uso di ossitocina esogena provoca il blocco dei siti recettoriali per quella endogena, per la quale essi diventano meno sensibili. Infine, la pratica dell’episiotomia riduce la distensione del perineo (fisiologicamente uno degli stimoli maggiori per la produzione di ossitocina), provocando un aumentato rischio di emorragia post-partum, disturbi dell’allattamento e nel processo del “bonding” e del “take care”, così importanti per lo stabilirsi di una buona relazione tra madre e figlio.
Un ambiente confortevole e accogliente, la presenza di poche persone scelte e di fiducia, pochi rumori, luci soffuse, la possibilità di muoversi liberamente e assumere le posizioni ritenute migliori, l’informazione e la preparazione al parto, poche e indispensabili visite vaginali, intimità e privacy, il rispetto dei tempi e dei ritmi individuali, nonché il sostegno attivo ma discreto di persone capaci ed accoglienti, possono invece facilitare lo scorrere del travaglio, perché favoriscono l’armonioso equilibrio ormonale che regola il travaglio e conduce alla nascita.
Fonti:
Bale TL., Davis AM., Auger AP., Dorsa DM. and McCarthy MM., CNS region-specific oxytocin receptor expression: importance in regulation of anxiety and sex behaviour. The journal of Neuroscience, 2001, 21 (7), pp. 2546-2552.
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Bortolotti A., E se poi prende il vizio?, Edizioni Il Leone Verde, 2010
Moschetti A., Tortorella, M. L., Ossitocina e attaccamento, “Quaderni ACP”, 2007; 14 (6): pp. 254-260
Newton N., Modhal C., Oxytocin-psicoactive hormone of love and breastfeeding, in The free woman, Parthenon, Carnforth, Lancashire, Regno Unito, 1989; pp. 343-350
Odent, M., Le funzioni degli orgasmi, Terranuova Edizioni, 2009
Rocca E., Parto naturale e ossitocina, bambinonaturale.it
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